Breve nota a Cassazione 15/01/2020 numero 734
La pronuncia affronta il tema della disciplina applicabile alla proposta di concordato “in continuità” nell’ipotesi di liquidazione di beni non rientranti nel ramo aziendale destinato alla prosecuzione dell’attività di impresa ex art. 186bis L.F..
La giurisprudenza di merito, risultava orientata a disciplinare tali proposte “miste” (in parte liquidatorie ed in parte con continuità aziendale) secondo il criterio del cd. assorbimento o della prevalenza (già elaborato per i contratti cd. misti) prevedendo l’applicazione delle norme regolanti il concordato liquidatorio ogni qual volta la maggior parte dell’attivo concordatario derivasse dalla vendita di beni non destinati alla continuità aziendale (criterio quantitativo).
In tal caso, la proposta concordataria risultava inammissibile se non assicurava prospetticamente ai creditori chirografari una percentuale di soddisfacimento pari o superiore al 20% dei loro crediti (art. 160, ultimo comma L.F.). A tale orientamento giurisprudenziale se ne contrapponeva un altro (minoritario) che, applicando il criterio qualitativo-funzionale, riteneva sempre prevalente la disciplina del concordato in continuità qualora la proposta prevedesse soluzioni di prosecuzione, seppur di dimensioni ridotte, dell’attività di impresa.
Con la pronuncia qui riportata la Cassazione disconosce la teorizzazione pretoria del concordato misto assumendo che l’art. 186bis LF già contempli espressamente (primo comma ultima parte), l’ipotesi della liquidazione di beni non funzionali all’esercizio dell’impresa.
In definitiva, la disciplina del concordato in continuità risulterà sempre applicabile qualora la proposta concordataria preveda la prosecuzione dell’attività di impresa, risultando indifferente l’entità dell’azienda impiegata, purchè la domanda non rappresenti un abuso dello strumento e si riveli funzionale a consentire il maggior soddisfacimento dei creditori.