La Corte Costituzionale è nuovamente intervenuta sulla controversia questione relativa alla procedibilità d’ufficio prevista per il delitto di cui all’art. 590-bis c.p. , già in precedenza affrontata, ma di fatto ancora molto criticata e censurata.
All’udienza pubblica del 4 novembre u.s., venivano discusse le ordinanze emesse dal GIP di Treviso, dal Tribunale di Milano e dal Tribunale di Pisa, nelle quali si sollevavano questioni di legittimità costituzionale del decreto legislativo 10 aprile 2018, n. 36, recante “Disposizioni di modifica della disciplina del regime di procedibilità per taluni reati in attuazione della delega di cui all’art. 1, co. 16, lettere a) e b), e 17, della Legge 23 giugno 2017, n. 103, nella parte in cui non ricomprende tra i reati perseguibili a querela il delitto di lesioni stradali gravi e gravissime di cui all’art. 590-bis c.p. denunciandone il contrasto con gli artt. 76 e 77, primo comma, 25, secondo comma, e 3 della Costituzione.
In particolare, il Tribunale di Milano censurava la scelta del Legislatore delegato di non prevedere, nel d.lgs n. 36 del 2018, la procedibilità a querela per il delitto di lesioni stradali, in quanto distonica rispetto alla complessiva ratio della legge delega e perciò lesiva dell’art. 76 Cost.
Nel prescrivere, infatti, il mantenimento della procedibilità d’ufficio per i reati contro la persona nei quali la vittima sia incapace per infermità, l’art. 1, comma 16, lettera a), della legge n. 103 del 2017 avrebbe inteso riferirsi ai casi in cui detto stato fosse preesistente alla commissione del reato, e non provocato da quest’ultimo, come emergerebbe dal parere reso sullo schema di decreto legislativo della Commissione Giustizia della Camera dei deputati. Non sussisterebbe, infatti, alcuna immediata e ineludibile correlazione tra i due stati, atteso che, secondo l’id quod plerumque accidit, le lesioni conseguenti a un sinistro stradale non comprometterebbero la capacità di autodeterminazione consapevole della vittima.
Il Tribunale di Pisa, invece, nel considerare violati gli artt. 3 e 24 Cost., riteneva non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 590-bis c.p., nella parte in cui non prevede la procedibilità a querela del delitto di lesioni stradali gravi o gravissime, in assenza dell’aggravante dello stato di ebbrezza alcolica o di alterazione psicofisica conseguente all’assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope.
La Corte Costituzionale ha concluso dichiarando inammissibile la censura formulata dal Tribunale di Pisa in riferimento all’art. 24 Cost, per insufficiente motivazione sulla sua non manifesta infondatezza, mentre, nel merito, ha dichiarato manifestamente infondate le censure sollevate dal GIP di Treviso e dal Tribunale di Milano in riferimento all’art. 76, richiamando la precedente sentenza n. 223 del 2019.
Il Giudice delle Leggi ha, altresì, ritenuto manifestamente infondate le questioni sollevate dal GIP di Treviso con riferimento agli artt. 3, 25 secondo comma, e 77 Cost., ma ha ritenuto meritevole di approfondimento la questione sollevata dal Tribunale di Pisa circa l’irragionevole previsione indiscriminata della procedibilità d’ufficio per tutte le ipotesi di lesioni stradali gravi o gravissime, a prescindere dalla sussistenza o meno dell’aggravante relativa all’ebbrezza alcolica o all’assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope, atteso il diverso grado di disvalore di tale fattispecie.
Le scelte sanzionatorie del Legislatore, però, possono essere sindacate dal Giudice delle Leggi soltanto entro i limiti della manifesta irragionevolezza, anche rispetto alle scelte realtive al regime di procedibilità dei singoli reati e, alla luce di tale criterio, la Corte ha ritenuto che le considerazioni svolte non fossero sufficienti a connotare in termini di illegittimità costituzionale la scelta operata con la L. 41 del 2016.
La Corte, quindi, ha concluso per la non fondatezza della censura di violazione dell’art. 3 Cost.,precisando, altresì, che rientra nella discrezionalità del Legislatore l’individuazione delle soluzioni più opportune per ovviare agli indubbi profili critici segnalati dalle ordinanze di rimessione, i quali, pur non assurgendo al vizio di manifesta irragionevolezza della disciplina censurata, suggeriscono, tuttavia, una complessiva rimeditazione sulla congruità dell’attuale regime di procedibilità per le diverse ipotesi di reato contemplate dall’art. 590 – bis c.p.
Non ci si può, quindi, che auspicare un rapido intervento del Legislatore, teso a semplificare e chiarire la norma in esame, che comporterebbe anche un’importante deflazione dei carichi processuali.